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Prenota la tua bici oraCappella e pozzo di San Paolo (Galatina): cosa c'è da sapere
La Cappella di San Paolo e il pozzo miracoloso: un luogo di fede e mistero a Galatina
Nel cuore del centro storico di Galatina, la piccola facciata della cappella dedicata a San Paolo si mostra discreta lungo il Corso Garibaldi. Si tratta di un edificio di fine Settecento che custodisce una storia affascinante e una leggenda che si tramanda da secoli. Di fianco alla porta della chiesetta si apre la corte interna di Palazzo Tondi-Vignola: entrando ci si ritrova in uno dei luoghi più affascinanti della città di Galatina, dove è visibile ancora oggi il cosiddetto pozzo miracoloso di San Paolo. La sua storia è legata all’identità dell’intero territorio salentino e ad una delle manifestazioni antropologiche più interessanti, che hanno reso Galatina popolare in passato e che ancora oggi la rendono un luogo ricco di fascino.
Il pozzo come simbolo della “terra del rimorso”
La leggenda narra che il pozzo sia stato scavato da San Paolo stesso durante il suo viaggio in Puglia. Le sue acque, si dice, posseggano poteri miracolosi: guariscono gli ammalati, liberano dalle possessioni demoniache e donano la fertilità alle donne. Per secoli la cappella è stata meta di pellegrinaggi da tutta la regione. I fedeli, in cerca di una grazia o di una guarigione ne bevevano un sorso. La leggenda del pozzo miracoloso si intreccia, però, con la storia del tarantismo, un antico rituale di possessione e guarigione. Le donne e gli uomini "tarantati", morsi da un ragno immaginario, si recavano presso la cappella per danzare e liberarsi dal morso dell’animale velenoso.
La tradizione dei santi Pietro e Paolo a Galatina
In particolare il 28 e il 29 giugno di ogni anno, durante i festeggiamenti per i santi Pietro e Paolo patroni di Galatina, nella piazza principale, proprio di fronte alla cappella di San Paolo, i “tarantati” cadevano in uno stato di trance caratterizzato da convulsioni e balli sfrenati. Nella Cappella di San Paolo danzavano per ore a ritmo di musica frenetica, accompagnati da tamburelli e altri strumenti musicali. La danza era allo stesso tempo momento di sofferenza e liberazione, mentre il rito durava fino a quando le donne e gli uomini morsi dagli animali velenosi cadevano a terra esausti.