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Belvedere di Treiso e casetta del bookcrossing

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Belvedere di Treiso e casetta del bookcrossing: cosa c'è da sapere

Una pausa relax con vista sulle langhe del Barbaresco, seduti su una comoda sedia di design e un buon libro liberato dalla casetta del bookcrossing del Progetto Leggere Ovunque.

 

Lettura consigliata

Tratto da Una Questione Privata di Beppe Fenoglio

 

Rientrarono a Treiso verso le sei. La strada sfumava sotto i loro piedi e gli ultimi chiarori sembravano concentrarsi in certe masse di nebbia grigia che la pioggia fissava sui pendii.

Tuttavia la sentinella li riconobbe a distanza e chiamandoli per nome sgattaiolò loro incontro da sotto la sbarra del posto di blocco. Era un ragazzino di appena quindici anni, si chiamava Gilera, ed era grasso e sodo, di poco piú alto del suo moschetto.

Arrivavano. Le sei batterono al campanile, per Milton con una tonalità differente da sempre. Arrivavano.

In quella estrema umidità le stalle del paese puzzavano come non mai e sulla strada lo sterco dei buoi si dissolveva in rigagnoli giallastri. Arrivavano. Milton precedeva Ivan di un trenta passi e ancora marciava lungo e rapido mentre l’altro sbandava per la stanchezza.

– Milton, – fece Gilera, – che avete visto d’interessante in Alba?

Lo sorpassò senza rispondergli e accelerò verso la scuola elementare, nel fitto del paese, dove si trovava Leo, il comandante di brigata.

– Gilera, – soffiò Ivan, – sai cosa avremo per cena?

– Mi sono già informato. Avremo carne e un pugno di nocciole. Il pane è di ieri.

Ivan attraversò la strada e andò ad afflosciarsi sul tronco addossato al casotto del peso pubblico. Poi rovesciò la testa contro il muro e ce la oscillava. L’intonaco si sbriciolava e gli inforforava la testa.

– Cos’hai, Ivan, da soffiar tanto?

– Colpa di Milton, – rispose Ivan. – Milton è un assassino della strada. Siamo tornati ai cento all’ora.

Il ragazzino si eccitò. – Li avevate dietro?

– Macché. Li avessimo avuti. Pompavamo di meno, ti assicuro.

– Ma allora?

– Allora lasciami perdere, – disse brusco Ivan.

Non poteva spiegare quel ritorno senza dire dello stranissimo, pazzesco comportamento di Milton. Raccontato a Gilera, avrebbe fatto il giro di tutta la brigata e sarebbe inevitabilmente passato anche per Milton il quale se la sarebbe presa direttamente con lui Ivan. Ora, Ivan rispettava e temeva pochissimi studenti, ma Milton era tra questi pochissimi.

– Che hai detto? – fece Gilera incredulo.

– Di lasciarmi perdere.

Gilera tornò offeso al posto di blocco e Ivan si accese una sigaretta inglese. Si aspettava un intaso di tosse da farlo accartocciare e invece la boccata gli andò liscia.

«Dio fascista! – bestemmiò mentalmente. Ma che gli è preso? È uscito come un razzo da quella villa e come un razzo ha fatto tutta la strada. E io dietro, con la milza che mi scoppiava, senza capircene niente e incapace di piantarlo al suo destino. Potevo ben piantarlo e tornarmene senza farmi scoppiare la milza».

Appoggiato alla sbarra, Gilera lo guardava di traverso, pestando un piede in terra.

Ivan torse la testa dall’altra parte. «Ma che gli è preso? Io dico che è impazzito o quasi. Eppure è sempre stato un ragazzo a posto, più che a posto, persino freddo. Io sono testimone. L’ho visto mantener la testa anche quando la perdeva lo stesso Leo. Un ragazzo più che a posto.

Ma è uno studente pure lui e gli studenti sono tutti un po’ tocchi. Noi della plebe siamo molto più centrati».

Ci fu una vibrazione nell’aria bassa e caddero gocce grosse e rade.

– Ora ripiove, – disse forte Ivan.

Gilera non rispose.

– Io mi sento un fungo, – insisté Ivan. – Parola che mi sento crescer la muffa addosso.

Gilera alzò le spalle e si mise a guardare la discesa. In quel momento lo sgrondo cessò.

Ivan riprese a pensare, fumando accelerato per finir la sigaretta prima che gli imputridisse fra le dita. «Io non so cosa gli sia preso, che cosa abbia visto o sentito in quella casa di ricchi. Chissà che gli ha detto la vecchia?» Buttò il mozzicone e poi si grattò forte, freneticamente, la testa sopra le orecchie. «Quella vecchiaccia! Cosa gli è andata a dire? Poteva ben farne a meno, visto il momento che passiamo. Chissà che gli avrà detto. Uno direbbe subito che c’entra una ragazza», ma intanto rideva fra sé, di incredulità e di disprezzo. «Sí, è proprio il tempo e il posto di perder la testa per una ragazza. Un partigiano serio come Milton. Le ragazze! Oggi! Fanno ridere. Fanno schifo e pietà. Comunque, è sicuro che era una cosa della vita di prima, e tornare su queste cose fa piú male che bene. Con la vita e il mestiere che facciamo si va in crisi come niente. Le cose di prima a dopo, a dopo!»

– Il vento, – annunciò Gilera, calmo, già disimbronciato.

– Sí, – fece Ivan con una sorta di gratitudine nella voce, e si rannicchiò sul tronco con le braccia conserte e le mani sulle scapole.

Tirava dalla direzione di Alba, ampio, basso, teso.

C’era poi quell’altro fatto piú grave, pensava Ivan, il ponte minato di San Rocco. A momenti Milton non ci passava su, stravolto com’era? E che fosse minato lo sapevano anche le piante e le pietre. Poco prima della borgata Ivan era staccato da Milton di un centinaio di metri e l’aveva perso di vista per via di un ciglione trasversale.

L’apprensione per il ponte gli era balenata proprio per caso e allora, sebbene già la milza gli bucasse la pelle, Ivan era scattato in salita ed era arrivato sul ciglione giusto in tempo per veder Milton che calava al ponte col passo implacabile e cieco di un automa. Si trovava a venti passi dalla spalletta. Gridò il nome di Milton, ma quello non si voltò. Urlò disarticolatamente e stavolta, fra la potenza dell’angoscia e l’amplificazione delle mani attorno alla bocca lo sentirono di certo fin sulla collina dirimpetto.

Milton si arrestò netto, come raggiunto nella schiena da una pallottola. Si voltò adagio. Ritto sul ciglione, Ivan gli additò il ponticello, due o tre volte, poi sventolò una mano davanti alla fronte. Il ponte minato, era pazzo? Milton finalmente accennò con la testa, si calò a valle del ponte e passò il torrente su una fila di massi. E poi, per ringraziamento, l’aveva poi aspettato? Una volta oltre il torrente, aveva subito ripreso quel passo tremendo e a Ivan era venuta voglia di spedirgli dietro una raffica di sten.

 

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